La quiete dopo la tempesta. Si é concluso questo ennesimo Fuorisalone, anzi pardon, Design Week. Tutte le cose sembrano essere tornate alla normalità, a partire dal traffico che questa mattina era meno congestionato rispetto agli ultimi giorni. É tornato anche il sole. Si perché figuriamoci se il tempo non doveva rompere le palle proprio durante la Design Week, con pioggia e gelo di novembre. Ma se guardiamo indietro, che cosa ci é rimasta di questa settimana del design?
A parte la sbronza accumulata dell’ennesimo evento tenuto ieri per la chiusura (se siete coraggiosi ne avete fatti almeno un paio) questa Design Week, forse un po’ come tutte le altre, ce la saremo dimenticata tempo un paio di giorni. A detta di tanti, l’edizione di quest’anno é stata deludente più del solito. Ma ci dobbiamo fidare di quello che dicono gli esperti, perché diciamoci la verità, a parte quelli che con il design ci lavorano e qualche vero appassionato, tutti gli altri non capiscono un cazzo di design. Il Fuorisalone é una grande occasione per vedere una città meravigliosa come Milano che prende vita al ritmo di una trasformazione super sayan (roba di Dragonball) e soprattutto per sbevazzare gratis agli eventi e fare foto su Instagram.
La parola d’ordine della Design Week é “installazione”. La città ne é piena e pensate che a volte siamo così stronzi da fare ore ed ore di code per entrare a vedere una installazione bruttissima, o magari bellissima, ma di cui non cogliamo il significato. Tanto basta una storia su Insta e via, aggiunta la tacca sul taccuino del degustatore di design. E badate bene, va benissimo così, il meccanismo é volutamente fatto per intrattenere e per piacere alle persone. Il design, così come l’arte, ormai deve tenere conto del livello di fotogenia di un’opera e ça va sans dire che tutto questo é dovuto ai social.
Qual é forse il vero aspetto incredibile della Design Week? La possibilità di vedere strutture, palazzi ed interni che solitamente sono chiusi al pubblico, se poi c’é all’interno una piscina di palline rosa, meglio ancora. Si però poi tutti a far l’aperitivo!