Oggi tutti passiamo la vita a lamentarci di qualcosa, che sia il lavoro, il tempo, la famiglia o la squadra del cuore. É il passatempo nazionale preferito. Ma i dj italiani, che categoria di fuoriclasse…quelli signori miei sono affetti da un presomalismo che in confronto Tiziano Ferro è uno che scrive canzoni allegre.
Mica tutti eh. Mediamente però il dj italiano gode delle disgrazie dei colleghi, è pronto a criticare TUTTO quello che legge – dove per ‘legge’ si intende ‘leggere il titolo e non andare oltre’ – vive nella convinzione di essere il migliore di tutti ma preferisce screditare gli altri piuttosto che lavorare sodo per dimostrare di esserlo.
Lo penso da sempre. Lo penso da quando sfracellavano i maroni con la storia che ‘eh chi suona con il vinile è tutta un’altra cosa’ che poi è diventato ‘eh ma dove vogliono andare quelli che suonano con il computer’. Poi è arrivato un periodo di transizione in cui tra un ‘hahahah che sfigato con l’autosync’ ed un ‘non esce niente, cosa suoniamo, tendenza, ma no commerciale, che schifo la commerciale, meglio Solomun, ma no lo ballano solo ad Ibiza, qui gli stessi mi chiedono Gigi D’Ag’, finalmente arriva un buon motivo per alimentare gli animi: il reggaeton.
Ma cosa vi ha fatto il reggaeton di male!? É un genere musicale, come tanti, che in questo periodo storico va di moda, com’è stato qualche anno fa per l’EDM, di cui peraltro vi lamentavate uguale – forse un po’ meno ok, ma comunque mi ricordo bene quando la chiamavate Elettronica Di Merda. Indipendentemente dai vostri gusti personali, fate i dj, il vostro compito è quello di far divertire le persone e accontentare chi viene in discoteca, NON per sentire voi, ma per ballare, bere e tirare un limone qua e là. É la dura verità, ma alla gente non frega un cazzo di voi, a meno che non siate un particolare Guest capace di riempire un club di paganti solo con la propria presenza. Fino ad allora, cari dj resident dei miei Baglioni, Despacito la mettete eccome, e pure con il sorriso sulle labbra – ‘eh ma io faccio deep, tendenza, anni ’90, hip-hop’ OK VA BENE BRAVO, tu incomincia a farli ballare, mandameli a casa contenti, ed io ti dò le chiavi del locale.
Proprio quando il reggaeton iniziava ad essere accettato come fenomeno musicale del momento, chi decide di mettersi a fare il dj? Gianluca Vacchi.
VERGOGNA, SACRILEGIO, COME SI PERMETTE DI COMPRARSI IL NOSTRO MESTIERE!
Addirittura ho sentito dire che Vecchi ‘sminuisce la reputazione dei dj’, come a dire che mia sorella sminuisce la reputazione degli altri automobilisti perché ha fatto 5 incidenti in un anno. Luoghi comuni come se piovessero. Ma poi, voi che urlate allo scandalo, che guadagnate per una serata un pezzo di salame ed un tozzo di pane – ma fossero anche 500/1000 euro – avete paura che il vostro posto venga usurpato da uno che chiede 25mila euro per mettere i dischi? Ma dai. Deve ancora nascere quello coerente che rifiuterebbe una collaborazione con l’uomo dei balletti su Instagram.
Dulcis in fundo, qualche giorno fa Rudeejay pubblica un tutorial su YouTube in cui insegna come realizzare un mashup dal vivo.
VERGOGNA, BLASFEMO!
A parte il fatto che da uno come Rudeejay bisognerebbe solo imparare perché è uno dei pochi dj Guest che ad oggi ha saputo interpretare il mercato dell’intrattenimento notturno in Italia, ma poi soprattutto, i NUMERI, o se preferite i FATTI, che si traducono in views, interesse, utilità – e a questo punto aggiungerei anche haters – gli danno più che ragione. Nonostante questo, compaiono feroci come leoni da tastiera i dj rosiconi (e pure imbecilli), che invece di dire ‘porca vacca, in effetti non ci voleva niente a fare sta cagata, perché non ci ho pensato prima io’ sono pronti a sparare a zero sproloquiando su etica e modus operandi. MA ANDATE A FARE IN CULO.
Sapete qual é la cosa bella? Di tutti questi dj italiani a cui facciamo riferimento, questi che perdono ore a scrivere, questi che si rovinano il fegato a guardare gli altri avere successo, non ce n’è uno che lavora. Invece di dare la colpa a loro stessi per non aver fatto abbastanza, preferiscono puntare il dito su Gianluca Vacchi, su Traktor o sul reggaeton, perché è più facile, perché li fa sentire parte di quella massa di pecore di cui nessuno avrà memoria tra qualche anno, e perché purtroppo…è sempre stato così.