Chi di voi si ricorda di quel famoso social network che tra il 2004 e il 2009 divenne molto popolare tra i giovani italiani, soprattutto in Lombardia? Nello stesso anno, negli Stati Uniti stava nascendo Facebook e diversi anni dopo arrivò anche Instagram. Prima di essere cancellato per errore e sparire per sempre, arrivò ad avere mezzo milione di utenti e a essere il nono sito più visitato in Italia. L’avevano inventato due ragazzi milanesi, che ai tempi avevano 16 anni, facevano il liceo a Milano e non ci guadagnarono mai niente.
Tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 nacque Duepuntozero, idea di Martino Di Filippo e Andrea Turati, due ragazzi appassionati di informatica. Andrea gestiva tutta la parte informatica mentre Martino aveva il compito di parlarne e farlo conoscere in giro. In quello stesso periodo negli Stati Uniti stava nascendo Facebook, ma sarebbero passati quattro anni prima che cominciasse a diffondersi in Italia. Allora i social network più usati dai giovani erano MSN, che però era prevalentemente una chat, e la piattaforma di profili e blog MySpace, nata nel 2003.
Questo “gioco” iniziò perché a Milano c’era un negozio, Amedeo D., che esiste ancora oggi, e che ai tempi era molto frequentato e amato dagli adolescenti. Sul sito era presente una chat di solo testo, realizzata in maniera poco professionale ma che era frequentata da qualche centinaio di ragazzi e ragazze di Milano che poi si davano appuntamento il sabato pomeriggio.
Martino creò quindi un sito parallelo che chiamò Amedeo D. Duepuntozero, dove gli utenti che usavano la chat del negozio potessero tornare a pubblicare le proprie foto. All’inizio il funzionamento era molto rudimentale: gli utenti mandavano a Di Filippo le foto via chat e lui le metteva sul sito. «Mi piaceva l’idea di avere un sito con le foto perché fino a quel momento mi capitava di parlare con tante persone online, ma di non riconoscerle quando le incontravo dal vivo, semplicemente perché non sapevo che faccia avessero» ha spiegato.
Poco dopo un avvocato del negozio gli scrisse intimandogli di cambiare nome alla piattaforma, che così divenne solo Duepuntozero.
Gli utenti di Duepuntozero potevano registrarsi creando un proprio profilo fatto da nickname, informazioni personali, fotografie e pubblicare dei post testuali come un vero e proprio blog. All’inizio, l’uso delle immagini era limitato, infatti si poteva pubblicare una sola foto alla volta ma col tempo si arrivò a 24. Non esisteva “l’amicizia” ma era più simile a un “follow” su Instagram. Si potevano lasciare commenti agli altri utenti e mettere i like alle foto, che però si chiamavano “fave”, dall’inglese favourite. Era possibile sapere se gli altri erano online e quando avevano fatto accesso al sito l’ultima volta, ma non esisteva una chat dove gli utenti potessero parlarsi in privato: tutti i commenti erano pubblici e anche i profili.
Inizialmente, l’assistenza agli utenti e la moderazione dei contenuti veniva gestita dai due fondatori, ma poi altri conoscenti vennero coinvolti nel lavoro. Ogni foto infatti veniva approvata manualmente prima della pubblicazione e, proprio come accade con tutti i social network oggi, divenne necessario impostare dei criteri sulla base dei quali decidere cosa approvare e cosa no.
Con il passare del tempo Duepuntozero iniziò ad avere sempre più iscritti, a volte capitava che contemporaneamente ci fossero più di 40mila persone connesse. Il sito che ospitava i server garantì traffico illimitato senza interruzioni dedicandone uno esclusivo per non creare problemi di performance.
Tra il 2007 e il 2008 Facebook iniziò ad essere usato anche in Italia, ma questo non influì sulla crescita di 2.0. Facebook era usato per la ricerca di amici e rimanere così in contatto con loro, duepuntozero invece era più come Instagram, lo si utilizzava per ritrovare la ragazza vista qualche giorno prima.
Duepuntozero cresceva sempre di più e il successo della piattaforma cominciò ad attrarre alcune imprese che volevano sfruttarlo per fare pubblicità. Diventando sempre più grande, quel divertimento iniziale diventò praticamente un lavoro e nel 2009 Di Filippo decise di mettersi in società con alcune persone poco più grandi che in quegli anni si occupavano di organizzazione di serate a Milano, con l’idea che potessero aiutarlo a rendere tutto il lavoro più strutturato.
«Quando abbiamo provato a mettere in piedi questa società però sono nati i problemi che hanno portato alla fine di Duepuntozero», racconta. Un giorno, poco dopo aver messo online una nuova versione del sito che era stato quasi completamente riscritto, successe un pasticcio e una persona della società cancellò per errore tutte le copie del sito esistenti. Duepuntozero andò offline e Di Filippo si rese conto che riportarlo online avrebbe comportato moltissimo lavoro, così decise di abbandonare l’idea.