Siete mai andati a leggere quello che scrivevate su Facebook nel 2008? Voi pensate di non essere mai cambiati e di non aver mai cambiato il vostro modo di utilizzare i social network. E invece no. Se scorrette la vostra timeline di qualche anno fa vi accorgerete che eravate probabilmente insopportabili, spesso superficiali e soprattutto scrivevate delle robe che oggi non pubblichereste nemmeno sotto tortura. Perché bisogna essere educati ad usare i social, o comunque occorre tempo per capirne bene i meccanismi. Spesso ci lamentiamo di quello che scrivono su Facebook i nostri genitori o i nostri nonni. Ecco, noi eravamo loro qualche anno fa.
Poi la maggior parte di noi ha imparato e ha capito che certe cose non vanno scritte anche e soprattutto perché “scripta manent”. Oggi ancor di più bisogna fare attenzione a quello che scriviamo perché a leggere non sono solo i nostri amici, ma anche quelli che potrebbero fornirci un’opportunità di lavoro. Naturalmente se scriviamo cose con troppa leggerezza, potrebbero influenzare negativamente la possibilità di ottenere un lavoro per cui abbiamo magari mandato una candidatura.
Questo é emerso da una ricerca svolta da Adecco e dall’Università Cattolica di Milano. Hanno coinvolto 2700 candidati e 143 recruiter, che banalmente sono i cacciatori di teste. Dai dati é emerso che il 35% dei recruiter ha scartato candidati per quello che avevano trovato online sui loro social network.
In particolare pare che siano due gli aspetti che potrebbero determinare negativamente la vostra assunzione. Il primo riguarda i contenuti sconvenienti come foto volgari, post e commenti razzisti, lamentele sul proprio lavoro o sulla vita scolastica. Mentre il secondo riguarda il cosiddetto disallineamento cioè il divario che c’é tra ciò che avete detto di voi al colloquio (come passioni, interessi ed abitudini) e quello che poi pubblicate sui social network. Insomma, tocca fare attenzione di questi tempi.