Facevo il tifo per Gianluca Vacchi, poi sono stato ad una sua serata

Su Gianluca Vacchi ho letto qualunque cosa e ho scritto anche diversi articoli. Sono uno tra i pochi che non si é mai accodato, aggiungerei in modo comodamente scontato, alla schiera dei suoi detrattori e soprattutto a quel gruppo di addetti ai lavori che non ha mai visto di buon occhio la sua nuova carriera da dj. Anzi, il fatto che fosse così bersagliato in modo gratuito dalla maggior parte dell’opinione pubblica, lo rendeva ai miei occhi quasi più simpatico. Ho sempre pensato e penso tutt’ora che in un paese libero uno possa scegliere di fare, o provare a fare, il lavoro che preferisce. Se poi raggiunge il successo in quello cha fa, significa che ha ragione e ha vinto lui, indipendentemente dal proprio passato e dai mezzi utilizzati per arrivare ad un obbiettivo (sempre nei limiti della legalità e del buon senso). Di Vacchi non mi ha mai infastidito il suo passato, non mi infastidisce il suo presente, non mi infastidisce il successo che ha come dj, non mi infastidisce il seguito che ha su Instagram, non mi infastidisce che si vesta da donna per fare balletti e non mi infastidisce che suoni il tamburello sulle chiappe delle modelle. Tuttavia, sono una persona ancora convita che i modi siano quelli che più qualifichino un uomo. Ho avuto modo di partecipare ad un evento in cui Gianluca Vacchi era ospite in discoteca. Non l’ho conosciuto, non ci siamo salutati, non ci siamo parlati, forse non mi ha nemmeno visto, ma l’ho osservato a lungo, per tutto il tempo, è ho cambiato completamente opinione su di lui. 


IL DJ SET 


Gianluca Vacchi è arrivato puntuale con il suol staff (un responsabile della sicurezza, il vocalist, il dj che gli fa l’apertura) per cenare al ristorante della discoteca. Ho sempre osservato da lontano, senza avvicinarmi. Tutto lo staff era incuriosito da questo personaggio tutto tatuato con un cappello texano che si scattava selfie, tanti selfie, tra un boccone e l’altro. Era piuttosto schivo e silenzioso con tutti, ma è una possibile conseguenza della stanchezza. La vita del dj, nonostante gli spostamenti agevolati in jet privato ed i comfort vari ed eventuali, è decisamente stressante, specialmente se non hai 20 anni, e lo dico senza malizia. Dopo l’apertura del suo dj, che conferma essere sempre gentile e disponibile (si tratta di un rodato professionista) inizia l’acclamato dj set di Gianluca Vacchi con i pettorali freschi e tonici da qualche flessione prima dello show ed un countdown che segna il tempo in cui deve rimanere in console (solitamente viene usato nei festival con tanti ospiti, quindi non capivo bene perché lui lo utilizzasse, essendo l’unico, ma lo chiameremo eccesso di zelo).

Tutto bene! La gente si diverte, il ragazzo della sicurezza provvede a far salire in console qualche ragazza che faccia da contorno al protagonista e lo show procede alla grande, fatta eccezione per la voce che si sentiva malissimo. Sai, con la richiesta di 30 mila euro di cachet per il format, pareva brutto che il vocalist si portasse il suo microfono (di solito, dovendoci appoggiare la bocca, è uno strumento molto personale) o quanto meno inserisse nella scheda tecnica la specifica di un microfono professionale, invece di usare quello di default, livello qualità: Canta Tu. (non ho letto la scheda tecnica, magari poi c’era eh!)


IL FATTO 


Circa sette minuti prima che il countdown sull’iPad arrivasse sulle 00:00, il dj che fa l’apertura a Vacchi avvisa il dj resident del locale che, da lì a poco, lo show sarebbe finito, forse qualche minuto dopo la fine del tempo pattuito. Il messaggio era chiaro: “tutti pronti, che dovete ricominciare”. Io ero appostato, sempre in attenta osservazione.

Poi succedono due eventi in rapida sequenza: 

1) Vacchi viene infastidito da due ragazze che si trovavano nel privè adiacente alla console, e le fa cacciare dal suo “buttafuori”. 

2) subito dopo, Vacchi fa segno con la mano ai “suoi” che ha finito, ed esce scortato di fretta dalla console. Il cronometro segnava 5 minuti in overtime.


Nessuno di quelli rimasti in console dice niente. C’è un attimo di stallo in cui nessuno capisce bene cosa fare. La musica sta andando e per un attimo penso, ed altri insieme a me, che Vacchi si fosse così infastidito per le due molestatrici da andare via di corsa. Il dj resident, si avvicina quindi alla console, perché giustamente, senza aver ricevuto particolari indicazioni, ha una serata da mandare avanti, inizia a prepararsi ed inserisce la chiavetta in uno dei 4 lettori cdj presenti. Aveva ancora le cuffie nel sacchetto, e gli addetti ai lavori sanno bene che l’atto di inserire la chiavetta non comporta alcun cambiamento (la musica non si interrompe).

Ma Vacchi torna! Perché la sua era stata solamente una simpaticissima gag di cui non si era accorto nessuno, non sono così sicuro nemmeno sui suoi collaboratori (anche perché magari avrebbero potuto avvisare il dj resident, che invece hanno lasciato avvicinare indisturbatamente alla console). Il dj resident fa un passo indietro e si rimette ad aspettare. 


Vacchi dà fuori di matto. Inizia ad urlare “chi ha toccato la console” e, tra un porcone e l’altro, il vocalist indica il dj resident con il classico dito d’accusa delle scaramucce scolastiche, corredato però da un bestemmione che neanche quanto sbatto il mignolo contro la porta. L’esibizione finisce tra facce contrariate e teste dell’entourage di Vacchi che scuotevano stizzite ripetendo “no”. Il tutto mentre nessuno capiva che cosa fosse mai successo di così grave. 


Pare che qualcuno gli avesse tolto un loop alla canzone (per chi non ne mastica, un loop è un anello che viene creato su una parte del disco in modo che si ripeta all’infinito) che Vacchi aveva inserito prima di lasciare la console con quell’esilarante gag del bis a sorpresa come ai concerti de LaVerdi. Quel qualcuno, dal loro punto di vista, era il dj resident, reo di essersi avvicinato alla console per prepararsi al dj set. Difficilmente credo che avrebbe tolto il loop senza aver inserito le cuffie e senza aver scelto prima la canzone da mixare successivamente (parere personale perché, pur essendo lì, non ho visto nello specifico la faccenda del loop).


Ma voglio dire, e anche se fosse, non mi sembra qualcosa capace di compromettere la performance oppure qualcosa di così grave, tanto da giustificare quanto successo dopo. Già, perché non è mica finita qui.


IL DRAMMA DI VACCHI


Vacchi ritorna come una furia nell’area ristorante chiusa al pubblico, ma visibile. Dà letteralmente di matto, come un toro accecato dalla rabbia per un drappo rosso che sventola. L’ho visto prendere la rincorsa per tirare calci alle sedie del ristorante e a tutto quello che gli veniva a tiro come porte e frigoriferi. E tra il colorito linguaggio che usciva dalla sua bocca, sono anche uscite parole come “se quello là (riferito al dj resident) avesse fatto la stessa cosa al mio amico David Guetta, lui gli avrebbe dato un pugno in faccia”.


I MODI QUALIFICANO UN UOMO 


Caro Gianluca, credo che i modi qualifichino un uomo. Lo ribadisco e lo sottoscrivo. 

Imprecare contro qualcuno è sempre qualcosa di discutibile, seppur dettato della rabbia. Ma non voglio essere bigotto, sono cose che succedono.


Nella fattispecie però parliamo del dj resident, si proprio quello che di mestiere prepara la pista e la lascia piena affinché gli ospiti facciano lo show e prendano gli applausi, sì il dj resident di quella sera, proprio il ragazzo a cui non è stata rivolta parola né prima, né durante, né dopo il misfatto. Ma non voglio essere irragionevole, non ci sarà stata occasione. 


Poi però, nel dettaglio, si tratta di quella sera in cui ho visto un libero professionista, un personaggio pubblico, un dj prendere a calci qualunque cosa, in preda alla furia per qualcosa che mette grande, grandissimo dubbio sull’idea che non si trattasse di un capriccio. Ma non voglio essere indulgente, quello che ho visto è irragionevole ed indifendibile.


Vedere qualcuno prendere a calci le sedie di una struttura, di un posto di lavoro, di un’azienda altrui, mi da l’idea del rispetto che un individuo porta nei confronti di cose e persone, e del valore che attribuisce ad esse. E non pensare che sia una questione di soldi, so bene che quelle sedie costano pochi euro rapportati a cachet a 4 cifre e conti in banca che potrebbero ripagare ogni danno materiale. Quelle sedie in realtà valgono molto di più, perché rappresentano il lavoro. Il lavoro di chi ha investito tempo e denaro in un attività. Il lavoro delle decine di persone che ogni giorno si fanno il culo li dentro con turni sfiancanti per portare a casa la famosa pagnotta. Il lavoro di chi ha scelto di investire i propri guadagni in un ospite la cui spesa non è facile da coprire al giorno d’oggi. E si, quelle sedie rappresentano anche il pubblico che ha scelto di pagare un biglietto d’ingresso per venire a vedere Gianluca Vacchi. Quelle sedie, dopo quella sera, rappresentano solo un episodio triste. Ma le sedie, caro Gianluca, si aggiustano facilmente, con le persone è più difficile. 


Concludo, dicendo che mi ha colpito molto la frase su Guetta “se quello là (riferito al dj resident) avesse fatto la stessa cosa al mio amico David Guetta, lui gli avrebbe dato un pugno in faccia”. Ho avuto la fortuna di vedere più volte Guetta a lavoro, e tanti altri dj di fama internazionale come lui, e guardandoli mi ha colpito sempre una cosa: tutte le volte che sono arrivati in una qualunque console di un qualunque locale che fosse ad Ibiza o ad Ovindoli, hanno sempre salutato i colleghi, più o meno famosi, compresi lucisti, vocalist, fotografi, attrezzisti, fonici ecc.. e sono sempre stati molto gentili con tutto lo staff. Questo perché prima di essere dei liberi professionisti, dei personaggi pubblici e dei dj, sono delle persone educate.


ps. Ah, dimenticavo, se mai leggessi questo articolo, no, non sono il dj resident. Sono solo un (inutile) ex sostenitore.