Vi ricordate i tempi in cui non era possibile fotografare le opere d’arte nei musei? Mi ricordo ancora l’ultima volta che sono stato al MOMA di New York e avevo impostato sull’iPhone la notifica dei messaggi attraverso l’illuminazione del flash. É arrivato un messaggio mentre avevo il telefono in mano davanti ad un’opera di Andy Wharol. Credevo che fossero pronti ad espellermi dal paese. La guardia del museo mi ha fatto un culo così grande che penso me lo ricorderò tutta la vita. Comunque la gente ha sempre fatto ugualmente le foto dentro il MOMA, così come negli altri musei, e finalmente da un po’ di tempo non sono più vietati gli scatti.
Ogni giorno vengono condivise migliaia di foto della Gioconda o di Picasso, ma per quanto l’arte classica sia sempre molto affascinante, l’estetica é in continua evoluzione grazie, o per colpa dei social. Piano piano ci si é accorti che le opere più condivise alle mostre erano quelle con i neo, quelle più colorate, quelle mastodontiche, insomma quelle più instagrammabili. Volete mettere la differenza di like che può fare la fotografia di un arco gigantesco di palloncini rosa, contro la foto di un piccolo quadro contro una parete? É quasi imparagonabile.
Ed ecco che allora nascono le prime mostre pensate proprio per essere apprezzate dall’estetica dei social ed in particolare da quella di Instagram. A parlarne nel dettaglio é stato il team americano di Wired che ha pubblicato un video in cui si parla proprio di queste mostre. In particolare sono stati a visitare la mostra dei colori a San Francisco, la Color Factory, e il museo del gelato di Los Angeles (Ice Cream Museo). Che sia arte o solamente una forma di intrattenimento non é del tutto chiaro e gli organizzatori soprassiedono. Ma in fondo quello che conta principalmente oggi é offrire un’esperienza, che sia immersiva e perché no, instagrammabile. Da oggi quindi si terrà sempre più conto del grado di fotogenia delle opere.